Accesso Vascolare
Autore: Dott. Cesare Massa Saluzzo
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mob. 320 0120557
Ogni volta che serva accedere all'interno dell'apparato vascolare sia sul versante arterioso che su quello venoso, sia per eseguire un intervento con tecnica endovascolare (angioplastica, stenting, posizionamento di endoprotesi, posizionamento di Pace-maker, ecc.) che per poter eseguire terapie prolungate (dialisi, terapie oncologiche, ecc.) bisogna creare un "accesso vascolare".
Iniziamo col descrivere l'accesso per eseguire interventi con tecnica endovascolare e successivamento quello per eseguire terapie sostituve o infusionali.
ACCESSO VASCOLARE PER ANGIOGRAFIA O FLEBOGRAFIA
L’accesso vascolare è il punto scelto dal Medico specialista in trattamenti endovascolari per accedere all’interno dei vasi che costituiscono l’apparato circolatorio arterioso o venoso.
L’infermiere di sala, dopo eventuale depilazione della cute del punto di accesso, disinfetta un’ampia area attorno ad esso
Fig. 1 – Disinfezione e preparazione del campo sterile
e posiziona il telo sterile forato sopra al paziente.
Fig. 2a – Campo sterile per l’accesso femorale |
Fig. 2b – Campo sterile per accesso omerale ed eventualmente all’inguine |
Il Medico specialista in tecniche endovascolari esegue l’anestesia locale mediante l’iniezione di una sostanza nella cute, nel sottocute e nei tessuti attorno al vaso scelto per entrare. Il paziente avverte una sensazione di bruciore locale che velocemente svanisce: da questo momento non avvertirà più nessun dolore, ma sentirà manipolare in quella zona. Un poco di anestetico può essere ripetuto se l’intervento si protrae oltre l’ora e mezza.
Fig. 3a – Puntura dell’arteria omerale con ago-cannula |
Fig. 2b – Inserimento del filo guida attraverso l’ago |
Subito dopo l’interventista esegue la puntura diretta del vaso e, quando è al suo interno con la punta dell’ago, sospinge al suo interno un filo.
Fig. 4 – Campo sterile e filo guida all’interno dell’arteria o vena femorale
Lo specialista in metodiche endovascolari, nel nostro caso Radiologo Interventista, sul filo guida innesta un tubo che alla sua estremità esterna è dotato di valvola emostatica.
Tale dispositivo si chiama introduttore e costituisce la comunicazione diretta e permanente tra l’operatore e l’interno del corpo.
Fig. 5a – Introduttore in caso di accesso omerale |
Fig. 5b – Introduttore in arteria o vena femorale |
Gli introduttori più comunemente usati sono di 4, 5, 6 French di diametro (1 – 2 millimetri di diametro).
Fig. 6 – Introduttore con valvola emostatica e tubo per iniezione sostanze
L’accesso così confezionato consente l’introduzione di vari tipi di strumenti come fili (guide), tubicini (cateteri, microcateteri) e altri dispositivi (palloncini da angioplastica, stent, “endoprotesi”, materiale embolizzante (spirali, particelle), frese, aterotomi, filtri, farmaci, ecc.). Il materiale utilizzato durante la procedura viene rimosso con la sola eccezione degli eventuali dispositivi impiantati.
Fig. 7a – Diversi tipi di fili o guide |
Fig. 7b – Cateteri di varie fogge |
Fig. 7c – Palloncini da angioplastica |
In ordine di frequenza elenchiamo gli accessi più comuni:
- Accesso in arteria femorale o in vena femorale nella zona dell’inguine
L’arteria femorale può essere punta “controcorrente” o “verso l’alto” per dirigersi nell’addome e vero i distretti più craniali:
Fig. 8a – Schema di palpazione dell’inguine per individuare la pulsazione dell’arteria femorale prima della puntura
Fig. 8b – Introduttore in arteria o vena femorale
accedendo all’arteria femorale si potranno eseguire interventi sull’aorta addominale o toracica, angioplastica e stent dell’arteria iliaca, dell’arteria renale, pta o angioplastica con stent delle arterie carotidi, l’embolizzazione di aneurisma cerebrale, l’embolizzazione del fibroma uterino, terapia oncologiche sul fegato (TACE, TAE) e su altri organi e comunque si potranno eseguire la maggior parte degli interventi con tecnica endovascolare. Di solito si predilige l’arteria femorale destra, perché è la più vicina all’operatore che si trova appunto sul fianco destro del paziente.
L’arteria femorale può essere punta anche “isocorrente” o “verso il basso” per dirigersi verso i distretti più caudali, come gambe e piedi soprattutto nel trattamento endovascolare dell’arteriopatia diabetica in cui i vasi compromessi e da ricostruire saranno quelli al di sotto del ginocchio: il più tipico esempio è l’angioplastica per il salvataggio dell’arto nel paziente diabetico con ulcere al piede.
Fig. 9 – Schema di puntura isocorrente per dirigere i nostri strumenti verso gambe e piedi
Accedendo alla vena femorale si potranno eseguire interventi sul sistema venoso come il posizionamento di filtri antiembolici nella vena cava inferiore, le angioplastiche della vena cava inferiore o superiore, il trattamento endovascolare del varicocele maschile o femminile, il trattamento endovascolare di manutenzione dei cateteri da dialisi e l’interventistica legata alla CCSVI (Cronic CerebroSpinal Venous Insufficiency) come la angioplastica delle vene giugulari e dell’azigos. - Accesso in arteria omerale o in vena basilica o cefalica nella zona del braccio, avambraccio.
Fig. 10a e 10b – Visita del braccio appena prima della disinfezione e della preparazione del campo sterile
- Accesso in arteria radiale o “al polso”
- Accesso in arteria ascellare
- Accesso in vena giugulare (per interventistica radiologicamente guidata soprattutto in pazienti dializzati per posizionare o sostituire cateteri da dialisi, per operare sulla vena cava superiore in Sindrome della cava superiore o in ostruzioni di vasi venosi centrali.
Posizionamento di cateteri da infusione a permanenza. - Accesso in arteria poplitea dietro al ginocchio (porzione retrogenuale)
Fig. 11 –Campo sterile per puntura dell’arteria poplitea (dietro il ginocchio)
- Accesso in arteria tibiale posteriore o dorsale del piede, “alla caviglia”
Fig. 12 – Termine della procedura endovascolare dopo approccio in tibiale posteriore
Gli ultimi due tipi di accessi sono diventati importanti negli ultimi due tre anni per gli operatori, per la maggior parte Radiologi Interventisti che trattano il salvataggio dell’arto in paziente diabetico.La scelta dell’accesso dipende dalla sede della malattia da trattare, dalla comodità del paziente, dalla comodità dell’operatore e anche dalla eventuale controindicazione all’uso del più consueto punto di accesso quello inguinale, femorale; per necessità sopravvenute durante l’intervento alcune volte potrebbe essere necessario eseguire più di un accesso (3-5% dei casi).Al termine della procedura l’introduttore viene rimosso:
Fig. 13a – Introduttore ancora in sede appena prima della rimozione |
Fig. 13b – L’I.P. rimuove l’introduttore e tampona l’accesso fino all’ottenimento dell’emostasi |
il piccolo foro nella parete dell’arteria o della vena e sulla cute viene compresso da un operatore sanitario, l’Infermiere Professionale (I.P.), per ottenere la completa chiusura dell’accesso, emostasi.
L’accesso vascolare può anche essere chiuso mediante dispositivi meccanici.
Sopra l’accesso viene posizionato un tampone, costituito di garze sterili arrotolate.
Fig. 14a – Tampone |
Fig. 14b – Fasciatura compressiva al braccio |
Questo e viene assicurato alla cute, cioè mantenuto in posizione, tramite un bendaggio che dovrà rimanere in sede per circa 24ore. Con paziente immobile per almeno 5 ore dopo l’intervento; in particolare si pretende che il paziente non pieghi la gamba o la sede dell’accesso per il tempo necessario a che si crei un piccolo coagulo stabile nel punto in cui si è punta l’arteria o la vena.
Fig. 15a – Fasciatura compressiva all’inguine
Nelle immagini seguenti ciò che resta dell’accesso dopo 24 e 48 ore dall’intervento in paziente che ha rispettato l’immobilità.
In seguito ad interventi protratti o all’uso di introduttori più voluminosi o alla scarsa collaborazione del paziente potrebbe essere quasi normale la comparsa di una colorazione blu-rossastra della cute attorno al punto di accesso dovuta agli stravasi di sangue attorno all’introduttore durante le manovre interventistiche. Se così fosse segnalare il problema al personale di reparto.
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INTRARTERIOSE
INTRAVENOSE
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